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“Pensateci bene prima di Accedere a questa conoscenza: Se deciderete di aprire questa porta non ci sarà più modo di richiuderla”

La Piramide di Giza e le sue Camere “quasi” Segrete

Tabella dei Contenuti

L’impresa del Califfo Ma’mon

Mi sono sempre posto un interrogativo relativamente all’impresa compiuta dal califfo Ma’mon e dai suoi uomini nell’820 d.C., che scavarono nella roccia calcarea della Grande Piramide un nuovo ingresso fino a sbucare nei corridoi interni: come scelse il punto in cui iniziare a scavare?

Osservando l’immagine del vero ingresso rispetto a quello scavato dai suoi uomini (Figura 1) è evidente che sbagliò veramente di poco, solo 11 file di blocchi in verticale e 3 in orizzontale, considerando che la Grande Piramide ha quattro lati lunghi 230 metri ed è alta 137 metri è un’inezia.

Il califfo aveva senz’altro grandi motivazioni che giustificavano la sua ardua impresa, infatti era mosso nel suo intento dalla bramosia di potere istigata da miti e racconti arabi sul fatto che l’interno del megalito celasse un antico sapere ed un’incredibile tecnologia, come “attrezzi e armi fatti di un ferro che non arrugginiva, vetro pieghevole e formule magiche…”. Esistono numerosi scritti che indicano inequivocabilmente che i preziosi volumi di Ermete, insieme ai manufatti comprovanti la storia, la scienza e l’avanzatissima tecnologia antidiluviana che ci ha preceduto, furono celati con grande cura, oggi diremmo “ermeticamente”, proprio nei monumenti della piana di Giza. Lo storico romano Ammianus Marcellinus scrive, nel quarto secolo a.C., che questi preziosi contenuti furono nascosti proprio nel profondo delle piramidi, per preservare l’antica saggezza dall’arrivo del diluvio universale.

Conosceva la Strada?

Tornando al mio interrogativo sull’impresa del califfo, io non credo che le sua valide motivazioni possano giustificare l’esito della stessa e credo la risposta debba al solito usare la logica del rasoio di Occam, che suggerisce come la soluzione più semplice sia la più probabile: Ma’mum CONOSCEVA LA STRADA, ovvero aveva informazioni dettagliate sulla posizione approssimativa dell’ingresso e delle strutture interne.
Anche il percorso dello scavo sembra puntare con decisione in una direzione che si rivelò poi essere quella giusta, avvalorando ulteriormente la tesi secondo la quale Ma’mun disponeva di buone informazioni.

A parte i testi, a cui egli potrebbe aver avuto accesso e poi andati perduti, esiste una possibilità concreta che Ma’mun le informazioni le trovò proprio vicino alle piramidi. A due passi dalla Grande Piramide (Figura 3) troviamo una serie di cunicoli conosciuti come “trial passages”, passaggi di prova, semi sconosciuti oggi, chiusi da un cancello e ripieni di rifiuti gettati dai turisti, ma esplorati in passato dal dinamitardo Vyse e dal grande W. M. Flinders Petrie. Fu proprio quest’ultimo a notare una peculiarità di quello che altrimenti pareva essere un mistero o nella migliore delle ipotesi i resti di vecchie costruzioni o di una mai terminata piramide: i passaggi sembravano una copia molto precisa di quelli all’interno della vicina Grande Piramide.

Oggi possiamo verificare che le larghezze, altezze e angoli di queste strutture rispecchiano in scala il sistema di passaggi “noti” della Grande Piramide  

Un aspetto interessante di questa “piantina in scala” è che esiste unicamente per la Grande Piramide, nessuna delle altre ne ha una e questo, dovete ammetterlo, da alquanto da pensare: e se si trattasse proprio di un “codicelasciatoci dai costruttori per svelare i segreti della grande costruzione? Parecchi altri dettagli supportano questa ipotesi, che diventa ancora più intrigante se si osserva una mappa (Figura 4) dei trial passages raffigurante l’incrocio tra il tunnel discendente e quello ascendente e la si confronta con quella della Grande Piramide. Tra l’altro il tunnel discendente reca delle tacche incise nelle pareti, dei marcatori, il cui scopo non è mai stato chiarito, ma che potrebbero proprio fare riferimento alla “mappa in scala” ed alla sua interpretazione.

Tornando al confronto tra le due piantine, risulta immediatamente evidente che i “passaggi di prova” riproducono fedelmente l’interno della Grande Piramide, eccezion fatta per un ulteriore e misterioso TUNNEL VERTICALE in prossimità dell’incrocio tra quello discendente e ascendente. E se questo tunnel ascendente esistesse anche nella Grande Piramide nascosto dietro pochi centimetri di roccia? Non era forse la stessa cosa per il tunnel ascendente che, pur bloccato dai “tappi di granito” era chiuso e mimetizzato nella galleria discendente? Non è forse successo lo stesso con gli shafts della camera della regina scoperti da Dixon dietro pochi centimetri di granito?

Porca paletta, certo che era così, ma allora cosa aspettiamo a fare due controllini e capire se esiste questo tunnel nascosto e soprattutto dove conduce? E invece niente, come se non importasse o magari come se fosse talmente importante da dover essere ancora una volta “insabbiato” per qualche oscura ragione… un’altra EVIDENZA di COMPLOTTO?

Evidenza di Complotto

Eppure diversi altri dettagli dei trial passages sembrano fare di tutto per mettere in evidenza questo incrocio di tre tunnel, per esempio il fatto che questa parte sia stata riprodotta in maniera estremamente fedele e non in scala (Figura 5), quasi a sottolinearne l’importanza, al punto che lo stesso Petrie sembrò avere qualche dubbio relativo alla possibile presenza di un tunnel nascosto.

L’ulteriore domanda a questo punto potrebbe essere la seguente: l’eventuale passaggio verticale potrebbe forse condurre in qualche stanza nascosta e non ancora scoperta della Grande Piramide? Beh, il dubbio è quantomeno legittimo, visto che già in “PRIMA DI NOI” avevamo raccolto indizi in proposito (tratto da “PRIMA DI NOI”):

“…Mario Pincherle, scrittore e ricercatore italiano, nel 1972, durante una sua indagine, fece un esperimento nella Grande Piramide di Giza inserendo un fumogeno proprio all’interno di uno dei condotti della camera della regina. L’idea era brillante nella sua semplicità è portò alla conclusione che dovevano indubbiamente esistere dei passaggi non ancora scoperti, dal momento che il fumo ristagnò nel condotto nord mentre venne risucchiato nel condotto sud e non fu visto uscire all’esterno della piramide.

Tramite l’utilizzo di un micro-gravimetro, in grado di rilevare le alterazioni gravitazionali provocate da vuoti all’interno di grossi blocchi di roccia, i ricercatori francesi Goidin e Dormion ipotizzarono l’esistenza di stanze nascoste vicino alle pareti della camera della regina. Nel 1986 vennero fatti alcuni tentativi aprendo un foro in una parete, dal quale fuoriuscì della sabbia, verosimilmente contenuta in un’intercapedine.

Nel 1987 le ipotesi dei francesi trovarono conferma nei risultati ottenuti da un team giapponese, che, con apparecchiature radar, identificò un corridoio tutt’intorno alla stanza della regina…”

Nel 1993 arrivò poi il robot di Gantebrink di cui abbiamo già parlato nei posts

https://www.facebook.com/groups/571773619962143/permalink/600259490446889/

 https://www.facebook.com/groups/571773619962143/permalink/601258653680306/

Interessante vero?! Ma non è finita qui e vi aggiungo un indizio o magari questa volta, essendo qualcosa di “scientifico”, anche i più scettici ammetteranno trattarsi di una prova… una pistola fumante.

Il Progetto ScanPyramids

A fine 2017 il team ScanPyramids ha presentato un articolo di Morishima, K. Dal titolo ecclatante:

“Discovery of a big void in Khufu’s Pyramid by observation of cosmic-ray muons” (scoperta di un grande vuoto nella piramide di Cheope osservando i raggi cosmici di muoni) (Figura 6).

L’università di Tokyo è esperta nell’utilizzo dei raggi di muoni cosmici per l’esplorazione delle cavità e strutture interne di pericolosi vulcani come il nostro Vesuvio (Figura 7).

Il team di ScanPyramids ha usato la stessa tecnologia per rilevare la presenza di cavità sconosciute all’interno della massiccia struttura in pietra della piramide di Cheope ed i risultati sono eclatanti: un grande vuoto, potenzialmente inclinato, si trova tra i 40 m e i 50 m dal pavimento della camera della Regina e con una lunghezza di oltre 30 m ha una struttura del tutto paragonabile alla Grande Galleria (Figura 8).

Questo grande vuoto è coerente con le analisi di microgravità degli anni ottanta menzionate in “PRIMA DI NOI” e potenzialmente compatibile con lo strano ed inspiegabile disallineamento della Grande Galleria rispetto all’asse nord sud. Questo ritrovamento fa inoltre seguito a quello annunciato nel 2016 che ha identificato un vuoto subito sopra l’entrata originale della Grande Piramide sulla facciata nord (Figura 8).

Entrambe i risultati sono stati confermati a più riprese usando anche tecnologie e ben tre team differenti ed indipendenti ed hanno quindi una validità̀ scientifica di estremo rilievo se non assoluta.

Curiosamente, le lastre “fotografiche” sensibili ai muoni (Figura 9) sono state distribuite solo nella camera della regina e all’esterno dell’ingresso della Grande Piramide, fatto questo che probabilmente ha “casualmente” escluso l’area del possibile passaggio verticale evidenziato nei trial passages. Mi viene come al solito da domandare PERCHE’ non seguire quella che sembra una logica elementare, ci sarà di nuovo lo zampino della Supremo Consiglio delle Antichità Egiziane? Per il momento mi astengo dal giudicare, ma il sospetto si fa largo, visti i precedenti.

Il vuoto scoperto sopra la Grande Galleria passa inoltre in prossimità̀ dello shaft nord che parte dalla Camera della Regina e termina nel famoso “tombino con maniglie in rame”, finemente lavorato in pietra di Tura, che già in un precedente post abbiamo ipotizzato essere l’ingresso di una stanza nascosta:

https://www.facebook.com/groups/571773619962143/permalink/601258653680306/

La questione che si vuole sollevare con questo interminabile elenco d’indizi è cruciale perché mettendoli tutti insieme si evidenzia una possibile struttura nascosta alquanto articolata, che stravolgerebbe quel poco di noto, studiato e compreso che si conosce del grande monolita. Se infatti combiniamo i risultati di ScanPyramids, l’esplorazione dei cunicoli della Camera della Regina ed il possibile tunnel ascendente individuato nei trial passages, ecco quella che potrebbe essere la struttura nascosta individuata (Figura 10).

ALZI LA MANO chi correrebbe in ferramenta a comperare punta e trapano per fare un paio di rapide prospezioni!

ABBASSATE PURE TUTTI LA MANO.

Direi che già con quanto descritto ce ne sarebbe a sufficienza, ma in realtà esistono tantissimi altri indizi sulla presenza di strutture nascoste interne alla Grande Piramide, permettetemi di evidenziarne alcuni relativi alla Camera del Re.

I segreti della Camera del Re

In “PRIMA DI NOI” ho riportato numerose informazioni che sembrano tutte avvalorare la presenza di cavità nascoste alle quali vanno aggiunte le considerazioni e notizie di questo articolo per avere un quadro più completo.

Osservando con attenzione l’attuale ingresso alla Camera del Re si nota che esso presenta due peculiarità interessanti:

  • la sezione del corridoio tra la Grande Galleria e la camera delle saracinesche è più piccola di quella del passaggio tra da quest’ultima nella Camera del Re (Figura 11)

  • a filo con la parete nord della Camera del Re è presente un piccolo gradino di qualche centimetro, ovvero il pavimento della camera superiore è più in alto rispetto a quello del corridoio d’ingresso di un paio di centimetri e questo sembrerebbe tanto una sorta di “fermo” per il blocco di granito che chiudeva l’ingresso (Figura 12)

Questi due particolari portano ad una semplice quanto dissacrante conclusione: l’ingresso fu sigillato con un blocco di granito dall’INTERNO della Camera del Re, per cui gioco forza deve esserci un’ALTRA USCITA dalla stanza. In alcune fotografie si nota ancora un blocco di granito abbandonato a fianco del “sarcofago”, che alcuni, a mio parere sbagliando, ritengono estratto dal pavimento della Camera del Re e su questo punto torneremo a breve.

Dalle foto si nota che il blocco è visibilmente rotto e infatti questo era l’unico possibile modo per estrarlo dal suo incastro a chiusura dell’ingresso della camera. Attualmente non si sa dove sia finito. (Figura 13)

Non siete ancora convinti che possa esistere un altro accesso alla Camera del Re? Aggiungiamo un indizio.

Voi sapete o diciamo dovreste sapere, che il “sarcofago”, mi si bloccano le dita a chiamarlo così, ha una dimensione più grande dell’ingresso nella Camera del Re, motivo per cui si crede sia stato posizionato a lavori di costruzione in corso.

Mi sono sempre interrogato su questa stranezza e la definisco tale perchè quanto meno non è in linea con la logica del rasoio di Occam che identifica nella risposta più semplice quella corretta. Seguendo tale logica, cosa che cerco sempre di fare, si dovrebbe ipotizzare che esista un’altra porta d’ingresso alla Camera del Re da cui è stato fatto entrare il “sarcofago”.

Ahiaaa, e siamo a due indizi e adesso arriva il terzo!

Ma’mun potrebbe essere stato al corrente, grazie alle sue informazioni privilegiate, dell’esistenza di un vano nascosto nella Camera del Re e ciò spiegherebbe lo scavo che fece proprio a fianco del “sarcofago”, sul lato ovest della parete nord, esattamente dove in foto datate si vedono delle griglie metalliche e ora abilmente mascherato dalle autorità egiziane.

Su questo punto poi ci ritorniamo, ma ritengo che proprio perché si trattò di un complicato scavo nel pavimento di durissimo granito, difficilmente Ma’mun possa aver estratto il blocco cui abbiamo accennato prima quasi intero: esso era quindi con buona probabilità proprio quello che sigillava l’ingresso nella parete nord. (Figura 14)

E siamo a tre indizi, ovvero una prova secondo la mia logica, ma adesso arriva il quarto.

Un architetto francese di nome Jean Pierre Houdein, di sicuro un appassionato del metodo del rasoio di Occam, vista la banalità del suo ragionamento logico, potrebbe aver identificato la collocazione dell’accesso a questo vano segreto in prossimità della Camera del Re (Figura 15).

Avrà usato muoni, raggi x, risonanze, geo radar, direte voi e invece no, ha semplicemente osservato con occhi diversi una fotografia della parete nord della Camera del Re ed ha trovato la PORTA.

Osservando la disposizione e la forma dei blocchi di granito della parete nord si nota infatti un qualcosa di particolare (Figura 16):

  • il blocco evidenziato in blu è l’unico che teoricamente si potrebbe rimuovere senza compromettere quelli sopra. Che sia quella la “porta di accesso” alle stanze nascoste?
  • Il blocco sopra a quello blu presenta una doppia frattura centrale molto atipica, vista l’estrema precisione con cui il granito è stato assemblato e sembra quasi che ci sia una certa tolleranza che ha comportato la frattura del masso sovrastante.

È stato provato che mentre nelle fessure degli altri blocchi è impossibile inserire perfino uno spillo, le giunture del blocco blu hanno un certo margine visto che vi entra una carta di credito: che sia un blocco in grado di scorrere per essere rimosso?

  • Il “sarcofago” sembra allineato al blocco blu (Figura 17), quasi pronto per scorrere attraverso la porta che esso cela e udite, udite, il suo lato più piccolo ha esattamente le stesse dimensioni del blocco blu… ovvero teoricamente CI PASSEREBBE.

 

Bastano gli indizi per correre di nuovo in ferramenta ed “armarsi” di trapano, punta diamantata e telecamera in fibra ottica che usano gli idraulici e dare un’occhiatina dietro quel blocco? Penso che tutti rispondereste di si, tranne ovviamente il Supremo Consiglio per le Antichità egiziane.

Tra l’altro l’ipotesi di un altro ingresso alla camera superiore non è neanche tanto nuova se anche il grande Flinders Petrie, lui si che era un egittologo, la mise nero su bianco nella sua opera “The pyramids and temples of Gizeh”.

Nell’estratto in Figura 18 egli fa notare il ritrovamento di un sassolino di provenienza esterna alla piramide proprio sotto il “sarcofago”. Se quest’ultimo fosse stato posizionato durante la costruzione con buona probabilità avrebbero usato una delle numerose scaglie di roccia presenti in loco e derivanti dalla lavorazione in corso e non un sasso portato appositamente dall’esterno. Secondo tale logica il “sarcofago” sarebbe stato posizionato nella Camera del Re a lavori ultimati, motivo per cui deve esistere un ingresso nascosto.

Ora faccio notare ancora una cosa, che è scritta tra le righe sopra, ma che magari vi è sfuggita: il blocco blu identificato da Houdein è posizionato sulla parete nord, lato ovest della Camera del Re e cioè proprio dove le scansioni ai muoni, il trail passage e parecchie altre indagini scientifiche hanno individuato una cavità inclinata di ragguardevoli dimensioni.

Si potrebbe ipotizzare la presenza di un’ulteriore stanza posizionata a ovest della camera delle saracinesche? Due stanze nella piramide? Beh non sarebbe una novità, visto che la piramide rossa ha proprio due stanze adiacenti.

A differenza di quella della Regina, la Camera del Re è poi chiaramente posizionata non sulla mediana della piramide, ma più spostata a sud. Queste apparenti mancanze di simmetria tendono a disturbarmi, ma adesso che emergono indizi inerenti la possibile presenza di un’ulteriore vano sul lato nord della Camera del Re, potremmo aver trovato una spiegazione logica anche a questa apparente incongruenza (Figura 19).

Una Seconda Camera del Re

Due “Camere del Re” nella Grande Piramide! Impossibile! Figurati, se ci fossero le avrebbero già scoperte e poi un accesso segreto nella Camera del Re è inverosimile, con tutte le persone che l’hanno visitata e studiata sarebbe già tutto di dominio pubblico… a meno cheeeeee…

Adesso sono abbastanza certo che qualcuno mi rimprovererà di vedere il “solito” complotto per cui mi limito a portare all’attenzione almeno un altro paio di “stupefacenti indizi”.

All’ingresso dell’anticamera o camera delle saracinesche esiste un passaggio tanto misterioso quanto nascosto all’opinione pubblica, nonostante sia li in bella mostra (Figura 20).

Perfino nelle piantine della Grande Piramide quasi nessuno ne fa menzione… ma guarda un po’, tutti zitti… al massimo viene raffigurato con un quadrato nero su vecchie planimetrie come quella che vi ho riportato, eppure è li in bella mostra, con tanto di porta con griglia, lucchetto e cavi elettrici che vi entrano. Dalle foto che vi ho riportato si vede che non stiamo parlando di un buco o di una nicchia, ma ha tutta l’aria di essere un passaggio.

Faccio notare che vi entrano dei cavi elettrici (Figura 21)…. cioè dico… CAVI ELETTRICI… quindi deve esserci qualcosa di grande li dietro e qualcuno ci deve lavorare se serve un fascio di cavi… ma porca paletta mi verrebbe da dire, non stiamo parlando di uno scantinato misterioso in casa della nonna, siamo nel cuore della Grande Piramide, il più misterioso monolite del pianeta… la tomba di Cheope.

Questo vano o passaggio è situato sul lato ovest dell’ingresso dell’anticamera e quindi sembra puntare nella direzione precisa di dove ipotizziamo essere la camera nascosta individuata con “mille test” differenti e con un po’ di sana logica e osservazione.

In una famosa conferenza con Hawass ed Hancock, l’”eminente egittologo” negò la sua esistenza, peccato qualche intraprendente visitatore l’abbia filmata e peccato che esista un documentario relativo alle ricerche di ScanPyramids che ritrae diversi ricercatori che entrano nel vano con le lastre sensibili ai muoni e risalgono il cunicolo (Figura 22):

La domanda ora è semplice: dove conduce quel passaggio? Perché non esiste una mappa e nessuno ne parla?

Vabbè dai, adesso che qualche dubbietto in più sulla presenza di vani nascosti nella piramide lo avete possiamo continuare la nostra piacevole conversazione nel gruppo, ma non prima di aver condiviso un ultimoindizio”.

Gli uomini di Ma’mun, come abbiamo già detto, scavarono all’interno della Camera del Re nell’angolo ovest della parete nord, probabilmente alla ricerca del passaggio che abbiamo ipotizzato in questo articolo; che fine ha fatto quello scavo? Semplice è ancora li.

In varie fotografie datate si vedono in quell’area una o più griglie metalliche sul pavimento a chiara protezione di un buco (Figura 23).

accesso alla camera nascosta (Figura 24).

Oggi al loro posto sono state posizionate delle piastre metalliche camuffate da granito che traggono in inganno a meno di potersi avvicinare e spostare il deumidificatore spento e scollegato che vi è sempre posizionato sopra. Interessante notare che dal foro presente nella lastra di metallo si intravvede una cavità ampia e dalle pareti regolari nel pavimento della Camera del Re, proprio sotto il blocco di granito blu identificato come porta.

La definizione di queste immagini, letteralmente rubate ai custodi della storia ortodossa… o forse in questo caso calzerebbe più la parola “GUARDIANI”, “NETERU”… non è elevata, ma si capisce che non ci troviamo in presenza di uno scavo approssimativo nel granito fatto da Ma’mun con mezzi di fortuna, ma piuttosto di un qualcosa di strutturale, con pareti lisce e verticali.

Se qualcuno ha ancora dubbi riguardo quanto poco sappiamo e facciamo per comprendere il nostro passato e le nostre origini si domandi se gli è mai stato raccontato di vani e cunicoli chiusi e mimetizzati all’interno di uno dei monumenti più visitati di tutti i tempi e poi tragga le proprie conclusioni.

Bene, per oggi direi che possiamo fermarci qui… ma ovviamente non è finita e lo si capisce bene leggendo tra le righe… come, dove? Se il “sarcofago” è stato fatto entrare nella Camera del Re da un ingresso nascosto allora la prossima domanda è la seguente: come hanno fatto a farlo entrare nella Grande Piramide? Chiunque guardi i passaggi discendenti e ascendenti capisce perfettamente che di sicuro non è entrato di li per cui il “rasoio” ci dice che ESISTE un ALTRO INGRESSO nella Grande Piramide.

Direi che se ipotizziamo la presenza di un altro ingresso nella Grande Piramide il miglior punto di partenza debba essere l’attenta osservazione della sua magnifica ed imponente struttura (Figura 25) così come ci appare oggi. Tratto da ““PRIMA DI NOI””:

“…notare una certa incongruenza logica nella disposizione delle duecento tre file di blocchi calcarei che la costituiscono. In una
costruzione del genere la logica vuole che i blocchi di dimensioni più grandi siano disposti nei primi corsi, vicino al terreno e che man mano che si guadagna in altezza, le dimensioni diminuiscano e con loro il peso, a tutto vantaggio della maneggevolezza.

Apparentemente una tale regola di buon senso costruttivo era seguita solo fino al diciottesimo corso, che dagli iniziali metro e quaranta centimetri di altezza diminuiva fino a circa settanta. Poi, d’improvviso, dal diciannovesimo l’altezza dei blocchi ricominciava a crescere.”

Questa strana mancanza di coerenza costruttiva nei pressi del diciannovesimo corso di blocchi della Grande Piramide non era assolutamente sfuggita all’occhio attento e perspicace di Flinders Petrie, che la pose in evidenza in “The pyramids and temples of Gizeh” (Figura 26).

Petrie notò che l’altezza del diciannovesimo corso di blocchi aumentava improvvisamente e che in nessuno degli undici precedenti e quattordici successivi era così elevata.

Egli concluse quindi che il diciannovesimo corso era originariamente esattamente dell’altezza dell’ingresso principale e che quest’ultimo doveva essere in bella vista, a filo del rivestimento in pietra bianca. Per compensare questo incremento di altezza della fila diciannove, le due successive erano state composte da blocchi di dimensioni più ridotte (Figura 27).

La cosa rilevante ai fini della nostra ricerca di un ingresso segreto nella piramide è che i costruttori della piramide decisero di prolungare la fila diciannove con blocchi di dimensioni non ordinarie a tutto il perimetro della piramide e non solo in corrispondenza della porta d’ingresso; questa stranezza potrebbe quindi implicare più di un ingresso nascosto sulle altre facciate.

La piramide di Dahsur

Esistono ovviamente altri indizi che ci portano a pensare a più ingressi nella Grande Piramide. Per esempio la piramide di Dahshur, che spesso viene menzionata come precursore di quella di Cheope, guarda caso ha proprio due ingressi: uno sul lato nord, come quello noto della Grande Piramide e un’altro sulla facciata ovest (Figura 28).

Un’altro indizio particolare ce lo fornisce Strabone, geografo e storico greco antico vissuto a cavallo della nascita di Gesù, nel suo volume “La Geografia di Strabone” (The Geography of Strabo published in Vol. VIII of the Loeb Classical Library edition, 1932):

“La Grande Piramide, un po’ più in alto su un lato, ha una pietra che può essere estratta, che essendo sollevata vi è un passaggio inclinato verso le fondamenta.”

Strabone non menziona su quale lato della piramide fosse posizionato questo ingresso e siccome di questa porta basculante in pietra non vi è traccia, si potrebbe ipotizzare che egli si riferisse ad un altro ingresso sconosciuto ai nostri giorni.

A tal proposito non posso trattenermi da una divagazione molto, ma molto interessante, cui ho già vagamente accennato nella prima parte di questo articolo, relativa all’impresa piuttosto misteriosa del califfo Ma’mun.

Petrie studiò il testo di Strabone e lo usò, insieme con uno studio dettagliato degli ingressi della piramide di Dahshur, l’unica che ha ancora intatti i portali intorno all’ingresso, per formulare la sua spiegazione sulle dimensioni anomale della fila diciannove.

Egli scoprì che ai lati dell’ingresso della piramide di Dahshur c’erano dei fori tagliati l’uno di fronte all’altro, di circa 9 cm di diametro per 14 cm di profondità, che erano appena all’interno dell’ingresso e a soli 15 cm dall’alto del passaggio.

Petrie, non irragionevolmente, li interpretò come gli ancoraggi a cerniera da cui far oscillare la porta di pietra. Dietro questi fissaggi, il passaggio ne conteneva altri verticali, più piccoli, per una porta molto leggera, forse di legno e presumibilmente per tenere lontana la sabbia soffiata dal vento.

I diagrammi che seguono sono stati sviluppati da Petrie, sulla base della sua analisi dell’ingresso della piramide di Dahshur. La porta in pietra incernierata è chiaramente contrassegnata come la grande pietra ombreggiata, con un lungo top che si estende all’indietro, al fine di controbilanciare il peso della pietra.

La quantità di contrappeso nella parte superiore sarebbe stata sapientemente disposta dall’architetto, in modo che la forza necessaria per aprire la pietra rientrasse nei normali limiti umani, ad esempio circa 25 kg di forza.

Questo ci dice che l’ingresso nella piramide era molto AGEVOLE, se bastava un minimo sforzo per aprire la porta basculante. D’altronde le immagini moderne dell’ingresso della piramide di Dahshur ci dicono anche che esso era in bella mostra e tutt’altro che nascosto, per cui la naturale conclusione è che l’ingresso nella piramide di Dashur, ma conseguentemente anche in quella di Cheope, doveva essere VISIBILE e molto facile per tutti… altro che celato alla vista! (Figura 29)

La domanda spontanea dovrebbe quindi essere la seguente: perché il califfo Ma’mun non lo vide e si lanciò nell’eroica impresa di scavare un nuovo tunnel ed ebbe la sfacciata fortuna di incrociare proprio il passaggio discendente al primo colpo e scavando incredibilmente in linea retta?

La risposta del rasoio di Occam è una e al solito molto logica: Ma’mun ed i suoi uomini non scavarono il tunnel per entrare nella piramide, dal momento che l’ingresso era accessibile ed in bella mostra, essi scavarono il tunnel per USCIRE o sarebbe meglio dire per far uscire qualcosa che non passava da quello principale.

Ad avvalorare questi indizi sulla presenza di almeno un altro ingresso della Grande Piramide è recentemente intervenuta la pubblicazione sul “Journal of Geological Resource and Engineering 4 (2017) 153-168” dello studio di Franc Zalewski: “Petrographic Observations of the Building Stones of the Great Pyramid of Giza”.

Zalewski ha fatto un qualcosa di estremamente semplice e logico come uno studio geologico di una dozzina di campioni della roccia che costituisce altrettanti blocchi della grande piramide, prelevati in posizioni differenti (Figura 30).

Il risultato è stato sorprendente perché innanzitutto essi sono risultati appartenere a ben tre tipologie ben distinte di roccia:

  1. Micrite-sparite limestone with the carbonate joint with single remains of crustacean fossils (Wackestone)
  2. Micrite-sparite limestone with the carbonate joint and parallel texture(Mudstone)
  3. Organodetriti climestone with calcite filled with the fragments of crushed molluscs shells

(grainstone).

Il primo tipo è quello che costituisce gran parte della struttura della piramide. Il tipo due è la pietra Bianca che rivestiva la struttura esterna. Il terzo tipo rappresenta una novità e vedremo come sia stato usato per costruire particolari strutture alla base di ogni facciata della piramide.

Ancor più significativa è un’altra conclusione di questo lavoro che ha escluso che i tre tipi di roccia provenissero dalle cave sulla piana di Giza, da sempre indicate dagli esperti come quelle utilizzate ai costruttori.

Secondo lo studio è molto più probabile si tratti di materiale prelevato a est del Nilo, presso le cave di Tura, Maadi e Masara e guarda caso è proprio ciò che ancora una volta Petrie ipotizzava oltre cento anni fa nel suo famoso testo (Figura 31).

Sarà ragazzi, ma come mai ci hanno raccontato che i blocchi provenivano da pochi passi di distanza dalle piramidi e non dall’altra parte del fiume? Sarà mica ancora una volta per far passare l’assurda storia dei “magici scalpellini” che con olio di gomito e sudore hanno costruito il megalite e che invece con le nuove evidenze avrebbero anche traghettato sul fiume oltre due milioni di blocchi da oltre due tonnellate ciascuno, divenendo in automatico anche “magici marinai”?

L’ingresso Nascosto

Lo studio di Frank Zalewski ha poi preso in considerazione osservazioni visive della Grande Piramide di Giza da diverse angolazioni, con le quali sono state riscontrate differenze di trattamento, precisione di posizionamento, colore e qualità di alcuni blocchi.

In particolare si è scoperto che blocchi di roccia, di tipo differente dal resto della piramide e meglio conservati compongono le parti centrali delle pareti piramidali. Queste zone meglio preservate, rifinite e perfino di colore più chiaro, si trovano ad una distanza di 40 m dagli angoli della piramide e nella parte centrale delle fondamenta della piramide ed inoltre ad ogni corso successivo il loro numero diminuisce da entrambi i lati.

La presenza di questo tipo di calcare finisce guarda caso con il blocco singolo nel diciannovesimo strato, nella parte centrale del muro, formando in pratica una struttura triangolare, con l’apice in prossimità della porta di accesso alla Grande Piramide, quasi a marcarne in maniera evidente la presenza (Figura 32).

Gli stessi elementi sono visibili nelle altre tre pareti della Grande Piramide di Giza (Figura 33) ed è qui che sorge “il problema”: queste strutture triangolare evidenziano forse la presenza di altri ingressi nascosti lungo il corso diciannove sulle altre facciate della Grande Piramide?

Per esempio l’apice del triangolo sulla parete ovest finisce proprio in un blocco sul diciannovesimo corso che si evidenzia per le sue particolari dimensioni: abbiamo trovato la porta basculante di Strabone? (Figura 34)

Bisogna ammettere che la logica c’è tutta e che alla luce di tutti questi indizi il sospetto sull’esistenza di almeno un altro ingresso nella Grande Piramide è fortissimo quindi armiamoci di pazienza che prima o poi il Supremo Consiglio delle Antichità e lo “scienziato” Hawass… ci faranno entrare.

Ricercando fotografie e riproduzioni di archivio della Grande Piramide non solo si evidenziano le strutture triangolari su tutti i lati, ma
in alcuni casi si notano aperture che oggi sono misteriosamente scomparse, come quella sul lato sud che all’osservazione visiva odierna risulta chiaramente rabberciata alla bella meglio: hanno nascosto l’ingresso? (Figura 35)

Da queste fotografie di archivio si evince anche una spiegazione logica per le strutture triangolari su ogni facciata che paiono chiaramente essere scalinate o rampe di accesso: ditemi voi se non è una pistola fumante questa?

O vogliamo credere che gli antichi illuminati costruttori della piramide costruirono delle scalinate che portavano nel nulla? (Figura 36, 37 e 38)

In base alla mia logica, che vuole che una manciata di indizi, tre per la precisione, costituiscano una prova, la conclusione è molto semplice: esistono strutture interne alla Grande Piramide non note, quanto meno al grande pubblico e di sicuro esiste almeno un altro ingresso principale nella struttura.

Basterebbe un pochino di ricerca ed analisi mirata da parte delle autorità che invece sembrano cercare in ogni modo di evitare di “scavare”, mai termine fu più appropriato, dove ogni sorta d’indizio porterebbe chiunque di buon senso a farlo.

Sia poi ben chiaro che in questo articolo ho solo scalfito la superficie di questo argomento, in quanto esistono altre evidenze sulla presenza di vani e cavità in prossimità della Camera della Regina, così come possibili accessi esterni alla grande struttura.

Menziono in particolare le scoperte nel 1986 e 1987 di un team di archeologi francesi e giapponesi, che hanno trovato una cavità di 1,5 metri sotto il passaggio della Camera della Regina, che si estendeva verso il basso per tre metri e un’altra nella parte occidentale della parete nord della camera, inoltre lo stesso team giapponese ha scoperto anche un passaggio sotterraneo a sud della Grande Piramide, da tre metri a cinque metri sotto terra, che si ritiene si estenda sotto la piramide.

Vi lascio con un altro possibile ingresso celato di cui ho fatto menzione in “PRIMA DI NOI” (Figura 39):

“… Novembre 2015, la missione “Scan Pyramids” condotta da ricercatori egiziani, francesi, canadesi e giapponesi, rileva stranissime anomalie termiche sulla Grande Piramide, le sue compagne della piana di Giza e le due di Dahschur. Il test è di quelli talmente ovvi che ognuno di noi si domanda perché non sia stato condotto prima e riguarda una ripresa con dispositivi ad infrarossi dell’esterno dei megaliti.

Come credo tutti sappiano, le immagini agli infrarossi colorano in maniera differente gli oggetti ripresi in base alla loro temperatura e nel caso di un monumento come la Grande Piramide ci si aspetterebbe un colore omogeneo, che degrada in maniera uniforme e graduale dall’alto, zona a temperatura più elevata, fino alla base più fredda ed infatti ad un primo sguardo è proprio questa l’immagine che si ottiene.

Entrando più nel dettaglio sono tuttavia emerse delle vere e proprie inspiegabili anomalie, che lasciano abbastanza sgomenti, dal momento che tre blocchi calcarei, vicino alla base della piramide, mostrano un colore nettamente differente da tutti gli altri, denotando una temperatura decisamente più elevata, che è stata misurata di sei gradi superiore rispetto al resto della base.

La scoperta è a dir poco curiosa perché salta immediatamente all’occhio che con buona probabilità dietro quei tre blocchi si celi qualcosa che necessariamente, a livello strutturale, è differente o disomogeneo rispetto a quelli attigui e comporta come conseguenza una così marcata variazione di temperatura…”

Curiosamente, la grafica del documento pubblicato nel novembre 2017 dal team di ScanPyramids mostra che l’equipaggiamento è stato distribuito nella Queen’s Chamber e all’esterno dell’ingresso della Grande Piramide e potrebbe non aver coperto l’area dove potrebbe esistere un possibile passaggio verticale. Credo che l’incrocio tra il passaggio ascendente e quello discendente meriti molta più attenzione e possa rivelare ulteriori anomalie e vuoti.

Signor Hawass, quand’è che cominciamo a scavare e trapanare nei punti giusti?

Pala, piccone e trapano ce li mettiamo noi, non si preoccupi!

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Max Caranzano

Nato a Loano nel 1968, laureato in Ingegneria Elettronica, esperto di Information Technologies, Intelligenza Artificiale e speaker in eventi di livello mondiale.

Autore di libri sulle tematiche energetiche e la salvaguardia ambientale, coltiva da oltre quarant’anni un interesse particolare per la ricerca delle vere origini dell’umanità.

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